"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

giovedì 11 dicembre 2014

Il rumore delle cose che cadono, di Juan Gabriel Vasquez, Ponte alle Grazie editore

  Se, come ho avuto modo di definirla, la letteratura è l'arte di tirarla per le lunghe, allora questo Il rumore delle cose che cadono (in spagnolo: El ruido de las cosas al caer) è certamente letteratura. Per fare un esempio: il romanzo comincia nel 2009 con un ippopotamo di una tonnellata e mezzo di peso che viene abbattuto (un incipit straordinario, a mio modesto parere). Il malcapitato ippopotamo era scappato due anni e mezzo prima dal giardino zoologico de l'Hacienda Napoles, la tenuta nella valle del fiume Magdalena (nel dipartimento di Antioquia, Colombia) di proprietà di Pablo Escobar. Più o meno a fine romanzo, i protagonisti torneranno, anni dopo la loro infanzia, ormai adulti, all'Hacienda Napoles, e sarà un cerchio che si chiude, in un certo senso, dopo un lungo viaggio. Noi, invece, mettiamo ordine: Antonio Yammara è un professore universitario che scivola sulla sua vita con un certa elegante leggerezza, passando da una giovane amante ad un'altra e trascorrendo parte del suo tempo libero a giocare a biliardo: Ricardo Laverde no. Ricardo Laverde si limita a comparire da un giorno all'altro nella sala biliardi ed a giocare qualche partita. Educato, elegante, rispettoso: porta con sè un segreto. E' un segreto che dovrebbe rimanere tale ma che in realtà segreto non lo è per nessuno. A Bogotà, le voci girano in fretta e non è possibile mantenerle sotto controllo. Ricardo Laverde, educato, elegante, rispettoso, a tratti quasi timido, è da poco uscito dal carcere, il perchè ci fosse finito, quello sì rimane un segreto. Laverde muore vittima di un attentato e in quel medesimo attentato rimane ferito Antonio Yammara. Da quel momento la vita di Yammara, cambia. La paura della violenza immotivata ed improvvisa, della morte che può colpire chiunque ed in qualsiasi momento diviene una tragica ossessione per il giovane professore, serrandolo in una invisibile prigione di paure che lo riporta ai terribili anni ottanta, gli anni in cui, giovane, nonostante molti emigrassero, era stato tra coloro che erano rimasti a Bogotà, ad assistere alla sanguinosa ascesa di Pablo Escobar (non per niente già citato nella prima pagina del libro, assieme all'ippopotamo), spettatore di una guerra mai ufficialmente dichiarata nella quale i morti si contavano col pallottoliere e che, spesso, erano ignari passanti, cittadini qualunque, donne, bambini, lavoratori, viaggiatori, tutti sacrificati con straordinaria leggerezza in attentati che dovevano colpire una sola persona (a volte, senza neppure riuscirvi) ma che immancabilmente causavano vere e proprie carneficine.Va da sè che per Yammara il biliardo è un argomento chiuso (per Laverde pure, e non solo quello). L'unico modo che sarà dato a Yammara (per certi versi anche suo malgrado) di affrontare le sue paure e tornare ad una vita normale, sarà immergersi in una detection che lo porterà a scoprire chi era Ricardo Laverde e perchè diavolo era finito in galera per vent'anni. In questa parentesi temporale - che poi è la vera polpa del libro, e che è la sua letterarietà, il tirarla per le lunghe appunto - il lettore è condotto non solo lungo le tappe della storia di Laverde (della sua famiglia, di quella che sarà sua moglie, del suo essere pilota di aerei, ecc.) ma anche (e soprattutto) lungo la via crucis della storia della Colombia attuale, da paese povero, terra bisognosa dell'aiuto dei Peace corps americani, a regno della droga, impero comandato sfacciatamente da un uomo solo (Pablo Escobar appunto), un narcotrafficante che diviene nell'arco di pochi anni l'uomo più potente della Colombia, tanto da potersi sostituire proterviamente allo stesso Stato. I gringos, che sono la domanda, che chiedono droga (inizialmmente solo marijuana, ma sarà per poco), e i colombiani, che la soddisfano questa domanda, tutti i colombiani, da Escobar e i suoi scagnozzi, ai contadini che convertono i campi alla coltura delle piante di marijuana, ai politici che si lasciano felicemente corrompere, fino al cittadino comune che preferisce far finta di niente, che accetta il ruolo di vittima pur di non alzare la testa e guardare in faccia la realtà. E il giardino zoologico che rimane come simbolo non solo, o non tanto, dell'ascesa e della caduta del regno di terrore di Escobar (che strano, ora che ci bado suona come il nome di una cialda per caffè, o qualcosa di simile) quanto del disfacimento in cui rimane intrappolata la Colombia intera. E' come se tutta la colombia (e quindi tutti i colombiani) fosse quel pugno di animali ormai abbandonati ed affamati nei recinti dell'Hacienda Napoles, senza speranza e in attesa che qualcuno venga a dar loro il colpo di grazia. Una tonnellata e mezzo, tanto di ippopotamo quanto di paese, che cade e crolla morto a terra, quella stessa tonnellata e mezzo di ippopotamo/paese fuggita dal giardino zoologico di Escobar in cerca di... speranza immagino. Vasquez parte da due vite che si incrociano e racconta la storia recente del suo paese, tirandola per le lunghe, per nostra fortuna.

Juan Gabriel Vásquez è nato a Bogotà nel 1973. Scrittore sudamericano di primissimo piano, tradotto in sedici lingue, ha conseguito un grande successo internazionale di critica e di pubblico con i suoi romanzi. Gli informatori (Ponte alle Grazie, 2009) è stato scelto come uno dei romanzi colombiani più importanti degli ultimi venticinque anni dalla rivista “Semanal”, è arrivato finalista dell’Independent Foreign Fiction Prize e ha attirato gli elogi di autori come Mario Vargas Llosa e John Banville. Storia segreta del Costaguana (Ponte alle Grazie, 2008), magnifico omaggio alla storia colombiana e all’opera di Joseph Conrad, si è aggiudicato il Premio Qwerty a Barcellona e il Premio Fundación Libros & Letras a Bogotà. Il rumore delle cose che cadono (Ponte alle Grazie, 2012), oltre agli elogi di scrittori del calibro di Edmund White e Jonathan Franzen. Si è aggiudicato il Premio Alfaguara 2011, il English Pen Award 2012 e il Premio Gregor von Rezzori-Città di Firenze 2013. Vásquez ha inoltre vinto due volte il Premio Nacional de Periodismo Simón Bolívar e nel 2012 gli è stato assegnato il premio francese Roger Caillois per l’insieme dell’opera. Feltrinelli ha pubblicato Le reputazioni (2014).

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