"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

venerdì 14 dicembre 2012

punkZone, di Matteo Galiazzo, racconto apparso sul n°31 del Maltesenarrazioni, nel 2002



Guarda, qualcuno dei suoi clienti si ecciterebbe a vederla lottare con il cacciavite in mano contro questo tappo spugnoso di merda che si è formato dentro la tazza del suo water, si respirerebbe la puzza annaspando, gli scorrerebbe la saliva.
E' il terzo giorno che manca l'acqua. All'inizio non se n'è accorta e ha fatto la cacca, lo sciacquone vuoto, e tutto è rimasto lì. Allora butta un sacco di carta igienica per coprire la cacca. Ha due bottiglie di plastica da due litri piene d'acqua naturale, si fa gli spaghetti e li tira su con la forchetta anziché usare lo scolapasta, e butta l'acqua nella pentola nel cesso, ma il pastone di merda e carta rimane lì come un posto di blocco durante un'emergenza a filtrare lentamente l'acqua, la tazza si riempie quasi. Ecco, ma pensa sia solo una questione di minuti, di ore perché l'acqua torni.
Il problema è che lei qui ci lavora e questo appartamento ha solo tre stanze, il bagno non ha nessuna finestra, prende aria da una ventola che non ci si è mai creduto che funzioni, l'hanno messa più che altro per l'idea di aria che dà il rumore della ventola in sé, mi sa che non c'è nemmeno il buco da cui l'aria puzzona dovrebbe uscire, il bagno prende aria dalla camera da letto. Il letto è senza lenzuola di sopra.
Il suo è un bagno da puttana perché c'è una cosa che si chiama bidet, che serve alle puttane a lavarsi i due buchi, qua a Londra i bidet ci sono solo in alcuni di questi appartamenti di tre stanze a Soho, perché li hanno fatti apposta per le puttane.
Il primo giorno in fondo ci si può ancora stare. Basta tenere la porta del bagno chiusa, nessuno dei clienti dice niente, sparge un sacco di profumo e accende un sacco di incensi. Poi la sera fa di nuovo la cacca, e butta dell'altra carta. Si compra una cassa di acqua minerale frizzante. L'idea è che l'acqua frizzante apre la strada più facilmente nella merda, lei non sopporta l'acqua minerale se si tratta di berla, perché le bolle che esplodono le distruggono la lingua, ma ora pensare alle bolle di anidride carbonica che esplodono contro il tappo di merda e si aprono una via come tarli minatori le piace.
 Buttarla così nel cesso direttamente dalla bottiglia non fa niente, perché così non ha nessuna forza, nessuna rincorsa, si aggiunge all'altra acqua senza spostare niente, allora pensa di riempire il serbatoio dello sciacquone e poi di tirare la catena. Ma con quello che rimane nelle bottiglie lo sciacquone si riempie solo a metà, e poi l'acqua si sgasa un po' già nel travaso, poi tira la catena, ma è un getto di quelli deboli, come quando tiri l'acqua di nuovo mentre il serbatoio si sta ancora riempiendo, guarda per vedere l'effetto delle bollicine, quando l'acqua si calma si vedono infatti delle bollicine che si formano sulle pareti, ma sembrano lì per bellezza più che per distruggere il tappo di merda.
Quelli dell'acquedotto vengono, per loro è tutto a posto, il problema sta nella colonna del palazzo, il problema comincia dentro il palazzo, la pressione per loro fino a poco prima di entrare nel palazzo è a posto, ci deve pensare l'amministratore che ci deve essere una perdita da qualche parte, anche se acqua non se ne vede per niente.
Il secondo giorno la puzza di cacca si sente per forza.
Lei non può stare senza acqua, neanche poche ore, perché è nata sulla sponda destra del grande Niger.
Lei non usa lo spazzolino da denti, ma queste foglie di felce lunga.
La vicina di sopra, che anche lei fa la puttana e anche a lei manca l'acqua, perché manca in tutta la colonna, dice che agli uomini piace la puzza di cacca, e che non ci sono problemi a continuare a lavorare, anzi.
  Allora giù in strada infatti gli uomini le passano davanti e lei dice 'Vuoi sentire la puzza della mia merda?' e parecchi vogliono, si vede che la cosa li interessa. Poi però quando sentono veramente la puzza dopo un po' non gli interessa più in maniera così importante. Più che la puzza di merda a loro piace l'idea di lei che dice Vuoi sentire la puzza della mia merda, ma poi nessuno ha ad esempio il coraggio di aprire la porta del bagno, perché già da chiusa e con la ventola per sempre accesa traspira un sacco di puzza, che poi non è una puzza esotica, ma è la stessa dei cessi degli autogrill, ma molto più forte.
Le donne inglesi hanno bisogno del rossetto perché sono pallide, lei si morde le labbra e così basta. Intorno agli occhi occorre bruciare petali di sambuca in un coccio di  ferro, e mescolarlo all'olio di palma. Occorre mangiare soprattutto pesce d'acqua dolce, che rende la pelle luminosa e solida, non piena di scarabei marroni come quella delle gambe delle inglesi.
Il terzo giorno l'acqua non torna, e lei pensa, butto tantissima carta, poi spingo con le mani finché la cacca e la carta non se ne vanno lontano, poi butto altra carta e spingo, così la carta spinge via la cacca e rimane solo la carta, e a poco a poco la carta che si accumula di qua deve diventare sempre più pulita e non puzzolente. Ma le cose poi a farle non vanno così, perché la carta si scioglie all'istante appena tocca l'acqua e forma un pastone che si mescola alla cacca, quando vede che occorre spingere via la merda a pugni e quella ritorna da tutti i lati si scoraggia. E vai, per lavarsi la mano dalla merda via mezzo litro di acqua minerale e decilitri di profumo.
E' contenta di abitare a Soho e di fare la puttana, ha questo appartamento di trenta metri quadrati. Sul retro del vicolo c'è un altro vicolo, dove i retri degli appartamenti delle puttane si guardano, e tutte le puttane la sera dopo aver fatto la lavatrice stendono i loro vestiti colorati ad asciugare e si raccontano le cose, e si chiamano puttana e dicono che i pappa sono come i poliziotti che quando c'è bisogno di loro stanno sempre da un'altra parte, poi arrivano quando c'è da prendere i soldi.
Poi vengono delle donne inglesi, sposate, e chiedono prima dei consigli sul rossetto, o che crede per la pelle usiamo, o sulle cose per i capelli, poi ci chiedono cos'è che piace di più agli uomini e com'è che si fa a farlo.
E poi chiedono come si fa a fare finta, e cosa bisogna dire mentre lo stanno facendo, lei dice che bisogna fare dei versi che non hanno senso ma che sono intonati come una domanda, poi mentre si vede che i maschi stanno finendo bisogna fare dei versi che non hanno senso ma che sono intonati come una risposta.
Alla televisione c'è un'intervista a un chitarrista famoso inglese, dice che gli sembra strano di essere pagato per una cosa così, che lui la farebbe comunque. Ecco, pensa, ecco.
A volte si accorge che si sta toccando le tette, senza motivo, non capisce, credo perché c'è gente che paga per farlo e lei può farlo gratis, perché le da fastidio sprecare le cose.
Uno pensa che solo gli uomini brutti vanno con le battone, invece vengono da lei anche uomini belli, dev'essere una cosa come come il taxi, che uno a volte lo prende anche se ha la patente e la macchina. E' bello vederli arrivare con i soldi, è bello essere pagate, è bello che ti dicano senza dirtelo che vali più di quei soldi che ti stanno dando, è bello quando scelgono te tra tutte le altre, è bello che succeda più o meno ogni ora tutti i giorni.
I cattolici non le piacciono perché di solito vengono un po' di volte poi ti vogliono sposare. Lei non si vuole mica sposare.
C'è un uomo che la paga per vederla andare in giro nuda per casa a cercare zanzare e a schiacciarle contro le pareti. A certi uomini piace guardare mentre mangia dei dolci che portano loro, li ha fatti la moglie. Certi uomini vogliono sentirla canticchiare, come se fosse sovrapensiero sotto la doccia. Alcuni la pagano per guardarla mentre lava i piatti scalza. Alcuni la pagano perché lei faccia finta di non sapere fare l'amore, e deve sembrare imbranata.
Alcuni la pagano per fare finta di riparare la guarnizione del lavandino. Si deve mettere una tuta sporca, e maneggiare delle chiavi inglesi sotto il lavello della cucina. Alcuni la pagano per guardarla mentre si schiaccia dei brufoli.
Alcuni si eccitano mentre si fa il nodo alla cravatta, mentre guarda dei film porno, loro stanno dietro il televisore e guardano lei, mentre rutta dopo aver bevuto la birra, mentre guida una carriola con la sabbia dentro,  mentre col cappello da vigile scrive su un taccuino, mentre fa le bolle col chewingum, mentre legge le istruzioni sulla confezione di un cibo da fare al microonde e poi lo prepara, mentre dice delle bestemmie complicate, mentre olia un fucile da caccia, mentre fuma un sigaro, mentre gioca a golf, mentre legge delle poesie che loro hanno scritto, mentre segue le trasmissioni di calcio alla tv.
Uno di loro la paga per guardarla mentre scrive sul suo computer portatile. Lei le prime volte schiaccia dei tasti a caso, ma lui dice che così non funziona, che si vede che fa finta, che anche dal suono dei tasti si capisce che è distratta. Allora le porta delle cose da copiare. Poi porta dei libri e dei cd-rom e le dice che deve installare Linux sul portatile. Cercando di installarlo si vede che è concentrata, perché è una cosa complicata, e lui è contento, anche se poi lei gli distrugge la tabella delle partizioni e si deve riformattare l'hard disk perdendo tutti i dati. Questo tizio è un cattolico, e infatti lei si aspetta che da un momento all'altro le chieda di sposarlo e di smetterla di fare la puttana, lo sa che tra qualche giorno glielo chiede, perché i cattolici è più forte di loro.
Queste case sono fatte così, che dai tubi dell'acqua e del gas si sente tutto da un appartamento all'altro, specialmente da un piano all'altro, perché i tubi viaggiano per o più in verticale. Allora se appoggi l'orecchio sul tubo senti tutto quello che succede sotto, e siccome qua sono tutte puttane, di solito si sente gente che sta scopando, e donne che gridano per finta a voce molto alta, e ogni tanto qualche cliente che grida per davvero. E il punto dove si sentono meglio i tubi è la tazza del cesso, forse perché ha proprio quella forma ad anfiteatro che amplifica il suono. C'è un suo cliente che si mette sempre lì ad ascoltare, passa delle mezzore con tutta la faccia quasi dentro la tazza per sentire meglio, non gli interessa che lei possa gridare in quello stesso modo che lui sta sentendo, a lui piace sentire attraverso i tubi, poi quando lo fanno lei non deve fare nessun rumore, forse perché lui sta ancora cercando di ascoltare i tubi.
Adesso lei ha paura che arrivi proprio questo qui perché non saprebbe cosa dirgli che il suo cesso è impraticabile. Chiede lo stato di emergenza. Ce n'è uno che la paga se lui resta di là in cucina e lei va nell'altra camera e muove il letto con le mani in modo che cigoli.
Quando alla fine riesce a installare Linux il ragazzo cattolico le lascia il suo portatile, e le da dei compiti da fare mentre lui non c'è, pagandola per il tempo che ci mette, praticamente deve fare degli script con il linguaggio della shell. Lui dice che si diverte a pensare a lei che fa gli scriptini mentre lui non c'è.

Ce ne sono certi che la pagano e poi si va semplicemente in giro a fare dei giri a piedi, magari vedono un vestito in una vetrina e vogliono che lei se lo provi, ogni tanto ne comprano uno e glielo regalano, loro vogliono solo guardarla, poi si siedono da qualche parte a bere qualcosa, loro vogliono solo guardarla mentre beve qualcosa, perché è bella, perché non c'è niente di più leggero di guardare.
Vanno a fare un giro e lui le dice che si ecciterebbe molto se lei entrasse in quell'ufficio, lei entra e in effetti la segretaria dice che la stava aspettando. La fanno entrare nella stanza di uno con una grande pancia che la fa sedere e le fa delle domande su linux e sul linguaggio della shell, per vedere quanto ne sa, e lei ormai ne sa abbastanza. Il tizio con la pancia le chiede di fare uno script. Lei lo fa. L'uomo con la pancia le offre un lavoro come assistente amministratore di rete, fuori il ragazzo cattolico la aspetta sorridendo, i cattolici pur di sposarti e farti cambiare lavoro, è più forte di loro.
Da tre giorni ogni volta che torna a casa spera di sentire il rumore di qualcosa che sgocciola, entra, va lentamente verso il rubinetto del lavello della cucina, ma già si vede che non è tornata, perché quello quando c'è l'acqua sgocciola sempre anche se stringi forte il rubinetto.
Ha dimenticato di comprare l'acqua minerale. Tra poco dovrà fare di nuovo la cacca.

Esce per la scale e se ne sale sul tetto con un secchio di quelli da pulire per terra. Spalanca la porta del tetto e i piccioni volano via. Qua sopra ci sono tutti i serbatoi delle colonne. Sono come delle grandi vasche da bagno però con il coperchio sopra, e delle pietre e del fil di ferro che li tengono tappati, perché non voli via tutto quando c'è vento. Quello della sua colonna è vuoto. Ci batte per sentire che suono fanno e rimbombano, uno rimbomba un po' meno, ci guarda dentro da una fessura, ma non si vede niente. Toglie il fil di ferro e le pietre, sposta il coperchio. Acqua. Lei ha bisogno di acqua dolce perché è nata sulle sponde del Niger. Tira via il coperchio. E' sera, non si vede niente. L'acqua è trasparente, se non ci batte le luce sopra non si vede mica. Butta il secchio dentro la vasca e sente pluf. Pesca, lo tira su. Pesa. C'è dentro qualcosa, sembra uno straccio, ma è un piccione morto. Lo ributta dentro, pesca di nuovo, stavolta è solo acqua. Porta giù il secchio per le scale, vuole tirare tante di quelle secchiate nel cesso finché la merda non se ne va del tutto. La prima volta cade per le scale, il secchio si rovescia e tutta l'acqua va giù per i gradini e per la fessura tra le due rampe. Ritorna su col secchio vuoto. Ripesca il piccione morto, svuota il secchio per terra, ne pesca un altro, lo butta fuori, e ne pesca un altro. Riesce a fare tre viaggi dal tetto al suo appartamento, butta i tre secchi pieni dentro la tazza, l'acqua però non va giù, e l'acqua del terzo secchio straripa fuori, l'acqua dentro la tazza è giallastra, galleggiano le solite nuvolette di carta igienica. Usa il secchio per scolare una parte dell'acqua nel bidet. Ci vorrebbe una di quelle ventose sturalavandini per scuotere il tappo, ma lei non ce l'ha, oppure l'acido muriatico, ma lei non ce l'ha. L'unica cosa che ha è un cacciavite a stella, che ha usato per aprire il computer del cattolico e montargli il masterizzatore. L'unica cosa è affondare la mani nel cesso e pungolare il tappo a colpi di cacciavite.
A volte non deve fare niente, ci sono certi che si eccitano semplicemente così, che la pagano semplicemente per poterla pagare.


 Matteo Galiazzo è nato a Padova nel 1970 e vive a Genova. È autore della raccolta di racconti Una particolare forma di anestesia chiamata morte (Einaudi 1997) e dei romanzi Cargo (Einaudi 1999) e Il mondo è posteggiato in discesa (Einaudi 2002). Suoi racconti sono usciti nelle antologie Gioventù cannibale e Anticorpi (Einaudi 1996 e 1997) e nella rivista «Maltese narrazioni», di cui è tra gli animatori. Quest'anno è tornato in libreria con la raccolta Sinapsi, opere postume di un autore ancora in vita, per Indiana editore. 




Il curatore di questo blog ci tiene a ringraziare di tutto cuore Matteo Galiazzo per averci fatto l'onore di concederci la pubblicazione di questo suo racconto che, come specificato nel titolo, non potete trovare nella raccolta Sinapsi (editore Indiana) nè in nessun altro libro, ma solo nel numero 31 della gloriosa rivista il Maltese narrazioni, edita nel 2002.
  Questo blog sarà sempre ben lieto di pubblicare altri racconti e articoli di Matteo e, in generale, tutti i racconti di qualità, anche di altri autori, soprattutto se inediti o comunque irreperibili.
  Grazie Matteo.

domenica 2 dicembre 2012

Cronache dal continente che non c'è, di Alma Guillermoprieto, La Nuova Frontiera edizioni

  Non avevo idea di chi fosse Alma Guillermoprieto, forse anche per questo si è rivelata una sorpresa piacevolissima, perchè non mi aspettavo nulla da questo suo libro di reportage, ma, anche se avessi avuto delle aspettative al riguardo, posso affermare che non sarebbero comunque state tradite. Desde el paìs de nunca jamàs. E' il titolo originale di questa raccolta di cronicas, tradotto dall'inglese e pubblicato in Italia da LaNuovaFrontiera editore. In effetti c'è qualcosa che non torna. Tradotto dall'inglese. Alma Guillermoprieto è nata a Città del Messico (la data non è importante per una signora, è sufficiente il luogo di nascita), ma in giovane età emigra negli Stati Uniti per studiare danza, diventa ballerina professionista poi, forse avendo l'intuizione di trovarsi nella posizione ideale per spiegare agli americani il sud e centro america, comincia a collaborare con The Guardian, The Washington Post, Newsweek, The New Yorker e The New York Review of Book e come per incanto si trasforma da ballerina professionista a giornalista di razza. Nel 1982 si reca in Salvador a documentare i massacri della guerra civile, rischia la vita e denuncia al mondo le barbarie che venivano celate all'interno del paese centramericano. Le prime tre cronicas presenti in questa raccolta, più la quinta, Commento, trattano di questa guerra, aprendo le danze con un vero e proprio pugno allo stomaco: l'immagine degli avvoltoi che s'ingrassano coi cadaveri gettati a mucchi, come cataste di stracci, su un'ampia spianata di roccia vulcanica di El Playòn. Leggendo questi articoli non si può fare a meno di notare lo sforzo dell'autrice di farsi mezzo di comunicazione vero e proprio tra il contenuto dei reoprtage e il pubblico americano, il tentativo di riportare una brutalità talmente incomprensibile da poterla (volerla) facilmente scambiare per fantasia o, come minimo, come un'esagerazione forzata della realtà. E' nelle righe più esplicitamente rivolte al suo pubblico di lettori che la Guillermoprieto lascia cadere quelle che, ad un prima lettura, possono non apparire neppure delle accuse, ma che in realtà lo sono eccome, verso gli Usa ed il loro irresponsabile coinvolgimento nella guerra civile salvadorena. Lo stile limpido e la grazia che formano parte della caratteristica prosa della Guillermoprieto le permettono di dire qualsiasi cosa, a chiunque, senza mai scivolare nella retorica o nell'urlo disperato (magari giustificato) e sguaiato. Poi nel racconto Menudo prendiamo fiato e scopriamo le origine da boy band di Ricky Martin e la follia delle giovani fans latinoamericane. C'immergiamo poi nella demenziale e sanguinaria rivoluzione del movimento comunista peruviano Sendero Luminoso e del suo indiscusso lìder, Abimael Guzmàn, colui che pensava a sè stesso come la quarta spada del comunismo mondiale e che, partendo da una giusta lotta contro la discriminazione dei campesinos andini, finì per mettere a ferro e fuoco un intero paese e per compiere vere e proprie carneficine sugli stessi campesinos che avrebbe dovuto difendere. Rimaniamo come intontiti a scoprire tutti i retroscena legati all'impeachment del presidente brasiliano Collor de Mello e delle implicazioni sociali e culturali delle telenovelas brasiliane. Seguiamo il premio nobel Vargas Llosa (quello che sarebbe poi diventato premio nobel per la letteratura nel 2010) nella sua campagna elettorale per la presidenza del Perù conclusasi con la sconfitta ad opera dell'allora semisconosciuto Alberto Fujimori. Altre tre cronicas indagano la nuova realtà di Cuba, dalla visita papale di Giovanni Paolo II in avanti: Fidel, la caduta del regime sovietico e le sue ripercussioni sull'isola, le contraddizioni tra il credo ormai solo di facciata del regime e la realtà attuale fatta di turismo, povertà e prostituzione. Poi, un'analisi approfondita e sottilmente acuta del mito di Eva Peròn. I cadaveri di ragazze abbandonati ai lmiti del deserto che circonda Ciudad Juarez, al confine con gli Stati Uniti, l'ombra del narcotraffico, della polizia corrotta e del narcosatanismo. L'emancipazione delle cholas boliviane sul ring della lotta libera - la lucha libre - di derivazione messicana. E infine il culto demenziale eppure incredibilmente sentito della Santa muerte, in Messico, nel suo Messico, nel quartiere di Tepito, a Ciudad de Mexico, la città di nascita della Guillermoprieto. Questo libro è un viaggio per molti versi tragico e per altri un po' assurdo, si ha l'impressione di viaggiare in un mondo inventato da un cantastorie ubriaco e con tendenze sadiche, eppure il viaggio, per quanto strano e angosciante ha in sè la magia dell'affabulazione. La caratteristica straordinaria di questa "giornalista ballerina" è che riesce ad unire la rigorosa professionalità della reportera di razza, certe intuizioni e spunti (caratteristici di una sensibilità fuori dal comune) che le permettono di entrare a fondo nell'analisi delle realtà che descrive, un pizzico di ironia che la circonfonde di un minimo di distacco di stampo anglosassone e che rende la narrazione appetibile anche (se non soprattutto) ad un pubblico occidentale, e uno stile che unisce l'essenzialità nordamericana con l'affabulazione tipica dei grandi narratori latini. Ne nasce una serie di immagini forti e ben delineate che si condensano in una fotogafia in movimento del "continente che non c'è", di quel latinoamerica che è molto di più dell'immagine esotica e stereotipata che se ne ha in occidente. Una fotografia a tratti terribile e, in certi casi, anche divertente, comunque sempre folle, talmente folle da far pensare che si stia parlando di un posto che non c'è.

 

  Alma Guillermoprieto, messicana di nascita, si trasferisce giovanissima a New York per diventare una ballerina. Fino al 1973, la sua vita è completamente assorbita dallo studio della danza: una vita isolata, dice Alma, chiusa in un mondo soffocante. Dal 1973 in poi, decisa a uscire dal suo guscio, scopre la passione giornalistica e comincia a collaborare con il Guardian, spostandosi più tardi al Washington post e infine al New Yorker: da quel momento, la sua vita sarà dedicata a raccontare il mondo latinoamericano ai nordamericani. I suoi articoli sono “cronicas”, resoconti dei fatti che si ispirano direttamente ai dispacci dei conquistadores spagnoli: immediatezza cronachistica e immedesimazione dei fatti, è questa la cifra stilistica della scuola sudamericana.
L’America latina è sempre stata vista come un paesede nunca jamas”, un paese “lontano lontano”, un luogo da favola, tanto affascinante quanto sconosciuto.“El pais del nunca jamas” è il libro che raccoglie i reportage sudamericani di Alma Guillermoprieto dagli anni ’80 agli anni 2000.